(ACR) IL DISCORSO DI FOLINO IN CONSIGLIO REGIONALE

“Signor presidente della Giunta, signore e signori assessori, colleghi consiglieri,

desidero innanzitutto ringraziarvi per avermi assegnato il compito impegnativo di presiedere questa Assemblea. Spero di poter svolgere questa funzione con l’equilibrio e con lo stile che si richiede a chi è chiamato ad assumere un ruolo di garanzia, nel pieno rispetto delle prerogative di noi tutti e nell’interesse esclusivo della Basilicata, delle sue istituzioni, dei suoi cittadini. Così come hanno saputo fare le personalità di rilievo che mi hanno preceduto nell’esercizio di questa funzione, fra le quali ritengo doveroso rivolgere un particolare indirizzo di saluto a Filippo Bubbico, a Maria Antezza ed a Prospero De Franchi, che hanno presieduto questa Assemblea nella precedente legislatura. Un augurio di buon lavoro al presidente De Filippo e alla nuova Giunta regionale, ed un particolare augurio ai consiglieri neoeletti, che per la prima volta partecipano ai lavori del Consiglio regionale.

Nell’assumere questo incarico il mio primo pensiero va ai lucani che hanno conosciuto il mondo, alle donne ed agli uomini di diverse generazioni che con il proprio lavoro ed i propri sacrifici hanno contribuito al progresso di molte regioni italiane e di molte Nazioni. Dalle persone umili che hanno vissuto la stagione della grande emigrazione, fino ai giovani istruiti e qualificati che hanno avuto successo nei campi più disparati della ricerca scientifica e tecnologica. Tutti accomunati da un comune sentire, dall’affermazione di una identità profonda, che lega la nostra terra alle tante “Basilicate” presenti in ogni parte del mondo.

E’ innanzitutto a loro, alle Associazioni dei lucani che operano in Italia e nel mondo ed ai tanti giovani che ancora oggi sono costretti a cercare altrove il proprio futuro, che noi dobbiamo esprimere il nostro debito di riconoscenza, insieme all’auspicio di poter determinare le condizioni perché questi giovani possano trovare qui in Basilicata il proprio percorso di vita e di lavoro.

Sappiamo tutti che non è facile. Siamo nel pieno di una congiuntura economica che si arricchisce continuamente di nuovi elementi di instabilità, con devastanti crisi finanziarie che possono colpire con particolare forza i territori ed i ceti più deboli. E che si possono evitare, è bene ribadirlo anche in questa sede, solo con la forza dell’Europa unita. Una forza che la politica sembra oggi non avere.

La stessa politica italiana vive tempi molto difficili e non sempre riesce a dare il meglio di se, alimentando fenomeni di sfiducia che trovano un riscontro nel progressivo calo delle percentuali dei votanti alle competizioni elettorali. Una politica attraversata da tensioni e conflitti frutto dell’interminabile fase di transizione che stiamo vivendo, del passaggio dalla stagione dei partiti di massa a quella dei partiti e delle associazioni politiche di oggi, che in molti casi hanno tutta l’aria di non rappresentare un approdo definitivo, ma, appunto, transitorio, a discapito di una percezione nitida e chiara delle posizioni da parte dei cittadini.

Un’impressione che si è avuta talvolta anche in quest’Aula, e per questa ragione è più forte l’auspicio che nei prossimi anni proprio da quest’Aula, con il contributo di tutti, sia possibile rendere chiara all’opinione pubblica la dialettica delle posizioni. Abbiamo gli strumenti per farlo, a partire da quelli del sindacato ispettivo, che dobbiamo sforzarci di utilizzare in maniera sempre più oculata, per garantire ai consiglieri di poter esercitare pienamente la propria funzione di controllo ed al governo regionale di poter rispondere in maniera puntuale e in tempi certi. A questi strumenti si aggiungerà il question time, che è mia intenzione avviare in tempi brevi e che consentirà di svolgere in diretta televisiva, e quindi informando in tempo reale i cittadini, una serrata discussione su problemi di stringente attualità.

Nei mesi scorsi, a partire dal tema della revisione della legge elettorale, abbiamo riaperto la discussione sulle regole e sui principi da affermare per rendere la democrazia regionale più viva e capace di rispondere alle attese dei cittadini. Una discussione che auspico venga ripresa subito in quest’Aula, cui spetta il compito di ridefinire le regole fondanti del nuovo Statuto e della nuova legge elettorale.

Il tema della riscrittura dello Statuto regionale assume un valore che va ben al di là delle pur giuste esigenze di riorganizzazione dell’ente Regione a quarant’anni dalla sua istituzione e coinvolge direttamente i temi di fondo della democrazia, della partecipazione, del rapporto tra istituzioni e cittadini nell’epoca del federalismo fiscale. Una “democrazia delle alternative e dell’alternanza”, come abbiamo detto più volte, che esalti l’autonomia dei diversi soggetti e renda trasparente la dialettica fra le forze politiche. Una democrazia dove alle maggiori competenze ed ai maggiori poteri del governo regionale, frutto delle riforme costituzionali del 1999 e del 2001, nonché dalla recente normativa sul federalismo fiscale, corrispondano penetranti poteri di verifica e di controllo, supportati dalle necessarie dotazioni tecniche autonome, con uno specifico insieme di garanzie per le opposizioni di poter svolgere il proprio ruolo. E soprattutto dove venga rafforzata e ammodernata la funzione legislativa e di controllo esercitata da quest’Aula.

Come è noto non partiamo da zero. Il lavoro di analisi svolto nelle precedenti legislature costituisce una buona base di partenza per organizzare intorno ai valori di competitività e coesione, di efficienza e solidarietà le nuove regole dello Statuto regionale. Regole che la maggioranza e le minoranze dovranno ridefinire insieme, indipendentemente dagli strumenti oprativi che il Consiglio vorrà darsi.

La riforma dello Statuto deve rilanciare e sviluppare i principi che hanno ispirato la riforma costituzionale del Titolo V, delineando un ordinamento basato sulla pari dignità istituzionale e la leale collaborazione tra i soggetti che compongono la parte pubblica. Sono questi ultimi, in quanto portatori degli interessi generali delle popolazioni rappresentate, a dover ricercare preventivamente tra di loro le convergenze e gli orientamenti da confrontare poi con le organizzazioni e le rappresentanze sociali ed economiche private. Il principio di sussidiarietà deve essere pienamente valorizzato.

All’interno di questo sistema, la Regione deve garantire l’autonomia dei Comuni, valorizzare la programmazione dal basso, assicurare agli enti locali una sede di rappresentanza istituzionale di alto profilo. Deve cioè essere sempre più ente di programmazione e sempre meno momento di gestione, delegando le funzioni dovute alle Province, ai nuovi enti intermedi frutto della riforma (Comunità locali) ed ai Comuni. La partecipazione dei cittadini e di tutti i residenti deve essere perseguita dallo Statuto regionale mediante un potenziamento degli istituti partecipativi già presenti nello Statuto vigente, il referendum e l’iniziativa legislativa popolare, prevedendo tempi certi per lo svolgimento della consultazione referendaria o per l’esame da parte del Consiglio regionale delle proposte di legge di iniziativa popolare. La cosiddetta “democrazia partecipativa” (cioè la capacità di sperimentare, anche con l’aiuto delle più moderne tecnologie di comunicazione, forme di coinvolgimento del mondo associativo nel processo di formazione delle leggi e degli atti di programmazione) deve entrare a pieno titolo fra le regole del nuovo Statuto, così come la necessità di misurare i risultati dell’azione legislativa e dell’attività amministrativa.

Un nuovo e adeguato sistema elettorale dovrà garantire agli elettori una effettiva libertà di scelta dei propri rappresentanti, intervenendo in tal senso o nel momento della formazione delle liste o nella possibilità di scelta nell’ambito delle liste stesse; e deve altresì consentire un ampio pluralismo, senza però favorire la frammentazione del quadro politico. Tra i principi fondamentali alla base della nuova forma di governo regionale, occorre ribadire la necessità di norme tese a garantire la parità di accesso tra uomini e donne alle cariche elettive.

Come è noto arriviamo con un certo ritardo alla discussione sulle nuove regole e sui nuovi principi dello Statuto regionale. Non è un bene, ma tutto sommato non è un male, almeno alla luce della nuova disciplina sul federalismo fiscale che probabilmente costringerà anche le Regioni che hanno già cambiato il proprio Statuto a riflettere ulteriormente sulle proprie regole. Il tema del federalismo fiscale è naturalmente di competenza del Governo regionale, e il presidente De Filippo sta seguendo con attenzione in sede di Conferenza Stato – Regioni gli sviluppi relativi alla questione dei decreti attuativi, su cui sono certo che non mancherà di tenere costantemente informata quest’Assemblea. Mi limiterò quindi ad enunciare alcuni temi sui quali, in stretto raccordo con il governo regionale, il Consiglio dovrà necessariamente misurarsi, sia in riferimento alle riforme istituzionali che valutando l’opportunità di adottare provvedimenti più specifici. Mi riferisco al grande tema della definizione dei costi standard per i servizi pubblici essenziali, al tema della fiscalità regionale e delle entrate, al tema delle royalties connesse all’uso delle risorse naturali ed al tema delle tasse pagate dalle imprese, che attualmente come tutti sanno non rimangono sul territorio dove avviene la produzione ma dove ha sede l’impresa, con una evidente ingiustizia se solo si prende in esame in Basilicata il settore auto e quello degli idrocarburi.

In un recente passato la Basilicata è risuscita a farsi valere su questi temi, affermandosi come una Regione capace di sperimentare, ben prima della riforma del Titolo V, un inedito modello di federalismo solidale. Oggi siamo chiamati a riproporre, aggiornandone le forme ed i contenuti, questo nostro protagonismo, con la consapevolezza che la Basilicata potrà farcela se riuscirà a fare ricorso alle sue virtù più profonde: la coesione sociale, l’identità e la memoria.

L’avvio delle celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia è segnato dal richiamo stringente del presidente della Repubblica Napolitano “ad una rinnovata e salda unità” del Paese, che accetta la sfida del federalismo fiscale, individuando la strada, come segnala opportunamente la stessa Conferenza episcopale italiana, per far vivere una nuova stagione di “responsabilità e solidarietà”.

Una nuova stagione per il Sud, mi permetto di aggiungere, che non deve più pensare a se stesso “come ad un Nord mancato”, che deve saper contare sulle proprie risorse – ambiente, agricoltura, beni culturali, centri storici, mare, turismo – e che naturalmente non deve rinunciare a riconvertire e rafforzare i percorsi di industrializzazione che talvolta l’hanno attraversato forzosamente. Un Sud che accetta e rilancia la sfida federalista, anche attraverso la collaborazione fra le istituzioni del Sud e gli stessi Consigli regionali.

Si apre domani il salone internazionale del libro di Torino, che quest’anno ha come tema principale “come e perché salvare e nutrire la memoria”. Vorrei, in conclusione, prendere a prestito questa felice espressione per dire che la Basilicata ha bisogno di “nutrire la memoria per rafforzare la propria identità”, e che il Consiglio regionale si impegnerà a farlo, valorizzando innanzitutto le figure dei lucani che a vario titolo hanno offerto un contributo importante alla definizione e alla crescita della nostra identità e costruendo al tempo stesso una “rete” sempre più ampia dei lucani – ovunque si trovino – per far crescere la comunicazione fra le tante “Basilicate” presenti nel mondo. Con la consapevolezza di una piccola Regione del Sud, che ha superato tante prove difficili e che può farsi spazio con grande tenacia nell’Italia e nell’Europa di oggi”.

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