“Archiviata la campagna elettorale, l'auspicio è che la vicenda dei precari dell'Apof-Il di Potenza diventi l'occasione, senza quindi rincorrere più consensi elettorali, per avviare una svolta seria nel settore della formazione professionale e dell'orientamento al lavoro dei giovani, sia dalla parte dei formatori che dei formati”. E' il commento del consigliere regionale del Pdl Franco Mattia, per il quale “l'esperienza sinora realizzata dall'Apof-Il come nel materano dall'Ageforma ed in generale dal Dipartimento Formazione-Lavoro non si può certamente considerare esaltante per il rapporto, da una parte di attività formative, numero di formatori, spese sostenute a favore di Agenzie provinciali ed Enti di formazione e dall'altra parte di occupati finali a tempo indeterminato e quindi non precari”.
“Vorrei ricordare – continua l’esponente del Pdl – che in Basilicata si registrano i livelli più bassi di occupazione tra diplomati (35,6 per cento) e aumenta significativamente la percentuale di diplomati, a tre anni dal conseguimento del titolo, in cerca di lavoro (23,7 per cento). La quota di occupati è molto alta tra chi ha seguito percorsi di tipo professionalizzante, mentre è decisamente inferiore per chi ha intrapreso gli studi liceali. Il 75,5 per cento di chi ha studiato in un istituto professionale e il 62,7 per cento di chi proviene da un istituto tecnico è, infatti, occupato: in particolare, l'occupazione è ancor più elevata per quanti hanno intrapreso un indirizzo industriale (81,2 per cento tra gli istituti professionali e 65,1 per cento tra i tecnici). Per chi proviene da una formazione orientata alla prosecuzione degli studi, è molto più frequente l'impegno esclusivo all'università, con il 58,9 per cento contro il 7,7 e il 19,5 per cento di chi ha acquisito una formazione professionale o tecnica”.
“Purtroppo in Basilicata – sostiene il consigliere regionale Mattia – i tempi di attesa per il lavoro superano a volte anche i cinque anni e su 15mila persone disoccupate da oltre 12 mesi, 7mila non hanno mai avuto una sola esperienza lavorativa. Si tratta di colmare un vuoto strutturale di politica sociale uscendo dagli interventi episodici ed assistenziali quali la ripetuta partecipazione ai corsi di formazione con lo scopo di percepire una indennità di presenza. Occorre definire una strategia d’intervento capace di colmare questo vuoto, offrendo ai giovani in uscita dalla scuola, dall’università e dalla formazione l’opportunità di consolidare ed accrescere il loro patrimonio di conoscenze attraverso esperienze integrate di lavoro e formazione, di apprendimento formale e non formale, assicurando un reddito minimo ed il sostegno all’occupazione, anche part-time o per l’avvio d’impresa”.
“Quanto alle deleghe attribuite alle due Province in materia di formazione – conclude Mattia – ben venga una rivisitazione della Legge regionale 33 a condizione che le Province adeguino i propri Piani annuali di formazione alla nuova realtà del mercato del lavoro e sanino una volta per tutte la situazione di precariato alimentata da anni nell'esercito dei formatori. Non va infine sottovalutato che modelli di gestione dell'Ente intermedio come quelli di Potenza e di Matera con limitata capacità di autofinanziamento e al contrario grande facilità di spesa non finalizzata a programmi produttivi sono destinati, come è accaduto negli ultimi anni, a non dare risultati soddisfacenti alle comunità locali e a metterne in discussione la utilità. Per questa ragione, in attesa del completamento delle riforme istituzionali e dell'insediamento delle Comunità locali previste dalla legge regionale con il riordino delle Comunità montane, le Amministrazioni provinciali sono chiamate a dare segni di discontinuità innanzitutto nella programmazione della spesa”.