“L'abolizione del listino è una grande conquista democratica. Sono contenta, insieme con il collega Folino, di aver promosso e proposto l'iniziativa istituzionale”. E' il commento del consigliere Adeltina Salierno (Pd) all’approvazione del provvedimento da parte del Consiglio regionale, sottolineando che “si tratta di una questione di democrazia paritaria che riguarda praticamente tutti i soggetti che fanno politica e che devono misurarsi su un sistema proporzionale senza rete alcuna, visto e considerato che il senso del listino maggioritario è stato via via snaturato e affidato alla contrattazione politica delle segreterie partitiche, piuttosto che mantenere il senso che la legge aveva inteso dare al listino, cioè come luogo di personalità, di società civile, di coloro i quali non sarebbero mai eletti senza appartenere a dei partiti”.
“Ritengo, sul piano della democrazia, dell’uguaglianza e di tutti i nobilissimi principi costituzionali che si intersecano con questa materia – continua Salierno – che siamo sullo stesso livello e ritengo che una riforma elettorale, se non si può realizzare al cento per cento, va bene anche se realizzata al cinquanta per cento. La civiltà, la cultura, l’evoluzione delle cose e del mondo si fa anche passo dopo passo. Resta sempre aperto un problema che – aggiunge Salierno – può essere gestito, come dovrebbe essere gestito, dalle segreterie politiche dei partiti, quello che era appunto il punto di partenza della proposta presentata a marzo del 2008, ritenendo necessaria una previsione nuova del sistema elettorale attraverso delle misure che favorissero una maggiore presenza femminile in politica, che ovviamente fosse unicamente finalizzata a rendere effettiva la regola costituzionale dell’eguaglianza tra i sessi nell’accesso alle cariche elettive, intendendo la partecipazione attiva alla politica semplicemente come un particolare settore del pubblico impiego, cui le donne devono poter accedere in condizioni di reale parità con gli uomini. Quindi, non perché esiste l’ipotesi di un interesse femminile , che ovviamente è stato superato anche dalla recente critica femminista, mi sono basata, invece – precisa Salierno – proprio sulla relazione al disegno di legge costituzionale che, nel 2003, ha modificato l’articolo 51 della Costituzione Italiana”.
“Nella relazione alla pdl si leggeva – ricorda Salierno – in evidente contrasto con molte tesi di parte della dottrina che la riforma non vuole certo alterare il concetto unitario di rappresentanza giunta a noi fin dallo stato liberale e tornare quindi ad una visione corporativa della rappresentanza politica, ma si trattava piuttosto di integrarne la disciplina correggendo quelle distorsioni che impediscono ad una rappresentanza ideale ma astratta di divenire anche effettiva. Quella proposta di legge che il collega consigliere Folino ha voluto, con me, firmare e sottoscrivere ha trovato, dunque, un ridimensionamento. Le ragioni, invece, della proposta del marzo 2008 seguivano la vicenda della riforma elettorale fatta in altre Regioni. Mi riferisco principalmente all’ipotesi che richiamo, perché unica in Europa, della legge elettorale campana, con la quale si stabiliscono, perché è stata promulgata superando il vaglio di legittimità costituzionale, tre punti fondamentali: uno è che, comunque, in ogni lista nessuno dei due sessi possa essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati, prevedendo così una vera e propria azione positiva, perché impone ai partiti politici di attribuire rilevanza al fattore sesso nelle presentazioni delle liste elettorali. Un altro principio, il quale prevede che, in occasione delle elezioni regionali, i soggetti politici devono assicurare la presenza paritaria dei candidati di entrambi i generi nei programmi di comunicazione politica offerti dalle emittenti radiotelevisive pubbliche, mettendo in risalto, quindi, con pari evidenza la presenza dei candidati di entrambi i generi. Il terzo principio è quello della doppia preferenza. Ribadisco – conclude Salierno – che si sono sollevate delle questioni di legittimità costituzionale su quella legge regionale campana, che al momento dell’adozione aveva solamente adottato lo Statuto regionale, che aveva superato anche la seconda lettura, ma non era stato promulgato. Queste erano le ragioni per le quali il Governo ha ritenuto di dover sollevare questioni di legittimità”.