“I 40 anni della Regione coincidono con i decenni più intensi e significativi della storia politica recente della Basilicata, quelli nei quali questa piccola regione del Sud ha provato, da un lato, ad uscire dalla marginalità e dall’anonimato e a rendere visibile la sua autonomia e peculiarità e, dall’altro, a creare un rapporto più stretto e scambievole tra istituzioni e comunità”. E’ l’opinione espressa dal capogruppo del no, più attento, più accessibilePsi in Consiglio regionale, Rocco Vita, nel suo intervento nella seduta dedicata ai 40 anni della Regione.
“In questi quattro decenni – ha aggiunto Vita – la visibilità della Basilicata sulla scena nazionale è notevolmente cresciuta e l’opinione pubblica italiana ha stabilmente associato il suo nome ad alcuni eventi e ad alcune singolarità: le trasformazioni del paesaggio agrario, il terribile terremoto, le estrazioni petrolifere, ma anche la straordinaria stabilità dell’assetto politico e un’efficienza amministrativa generalmente superiore alle medie meridionali. Un fatto è certo: in Basilicata, più che in altre realtà, il cosiddetto ‘effetto Regione’ si è fatto sentire soprattutto all’interno della comunità lucana, nel senso che i lucani hanno presto riconosciuto nelle nuove istituzioni nate nel 1970 un nuovo Stato, più vicino, più attento, più accessibile di quello lontano, assente e temibile percepito per un secolo intero da una popolazione largamente dispersa nelle aree rurali e nei piccoli centri dell’appennino”.
“Credo che questa piccola rivoluzione democratica ci sia il frutto di una grande impresa politica, alla quale hanno concorso tutte le grandi culture e tradizioni della nostra storia civile”, ha detto ancora l’esponente socialista che ha voluto richiamare “il particolare contributo che, in questi 40 anni è stato assicurato dalla cultura politica dei socialisti lucani, tanto nella fase costituente della Regione quanto nella conduzione delle responsabilità di governo, nonché nell’adozione delle grandi scelte di programma”.
“Molte delle battaglie socialiste – ha concluso Vita – oggi sono patrimonio comune della cultura democratica regionale, ma, soprattutto sino agli anni ’90, la scelta del riformismo come approccio alla innovazione delle politiche di sviluppo, era rimasta una scelta solitaria e controversa dei soli socialisti, anzi addirittura un terreno di confronto polemico con le altre forze politiche maggiori. E oggi che tutti si dichiarano riformisti, resta aperta una differenza culturale irriducibile che ha a che fare con la cultura del pluralismo, della laicità e del dubbio, come elemento costitutivo di un atteggiamento critico sempre insofferente ad ogni soprassalto di integralismo e di settarismo”.