“L’intensa e rilevante attività politico-istituzionale e culturale di Nino Calice ha avuto nella dimensione riformista il proprio tracciato trainante, in termini ancora più incisivi dopo la ‘svolta’ del PCI nel 1989. Allorquando, anche come editore, Nino Calice diede vita ad una serie di pubblicazioni tese a cogliere e far cogliere la storia stessa di quell’ ‘anima riformista’, appunto, che, pur tra flebili elementi di continuità, ma soprattutto di discontinuità e di fratture, avrebbe concorso a realmente aprire, negli anni, nuovi orizzonti politici, peraltro in sintonia con le più larghe e solide famiglie politiche europee. Basti riandare alla pubblicazione, da parte della CalicEditore, del volume di Umberto Ranieri (prefazione di Biagio de Giovanni) ‘La sinistra difficile’ (1990) e due anni dopo del testo di Umberto Minopoli e Umberto Ranieri ‘Le responsabilità del riformismo’, con non casuale prefazione di Luciano Cafagna. Un saggio, questo, di notevole rilievo in particolare per la sua dimensione critica ed autocritica anche sul versante ‘riformista interno’. In ciò sottolineando come le radici della ‘svolta’ del 1989 non fossero improvvisate, ma ponendo accento anche sull’incidenza negativa dei vari ‘ostacoli’ che erano stati alla base dei ritardi in una ‘svolta’ già maturata nel comunismo italiano ben prima di tale data”.
E’ quanto afferma in una nota il professor Antonio Lerra presidente della Deputazione di storia patria per la Lucania che sottolinea: “Un Nino Calice, dunque, impegnato da protagonista, anche come editore, sul terreno della riflessione e dell’iniziativa politica tesa a concorrere alla ‘costruzione’ del nuovo scenario politico-nazionale dei primi anni Novanta, di un più ampio e fortemente rivisitato progetto di cultura e di pratica riformista, di molto oltre quei confini e quegli orizzonti che – in raccordo politico con dirigenti come Gerardo Chiaromonte, Giorgio Napolitano e Umberto Ranieri – lo avevano visto sempre e tenacemente in prima fila lungo l’intensa e particolarmente fruttuosa fase del suo diretto impegno politico, nel partito e nelle istituzioni, a livello locale e nazionale, da consigliere regionale, da deputato, da senatore”.
“Un Nino Calice – prosegue il professor Lerra nella nota- caratterizzato da sempre vivace, fruttuoso, senso critico, proprio degli intellettuali liberi e culturalmente raffinati, portato a cogliere, anche come studioso, i possibili ancoraggi storici di più diretto e solido riferimento per tracciati politico-culturali caratterizzati da dimensione innovativa e modernizzante, anche al fine della ricostruzione e lettura, in termini nuovi, di aspetti e problemi portanti nella storia della Basilicata, nel più generale ambito della storia del Mezzogiorno d’Italia. Da ciò la sua non casuale attenzione per ‘snodi’ caratterizzanti il periodo compreso tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima del Novecento. Si considerino, in particolare, al riguardo, alcuni tra i suoi lavori più rilevanti: ‘Lotte politiche e sociali in Basilicata. 1898-1922’; ‘Partiti e ricostruzione nel Mezzogiorno’; ‘Ettore Ciccotti. Per un saggio sulla formazione dell’ideologia riformista’; ‘Conflitti interborghesi e istituzioni reazionarie nel primo fascismo’; ‘Ernesto e Giustino Fortunato. L’azienda di Gaudiano e il collegio di Melfi’. Un volume, quest’ultimo, attraverso il quale Nino Calice, dopo la ricostruzione e la lettura di tracciati relativi ai movimenti politici e sociali ‘in lotta per la trasformazione’ nei rispettivi contesti di riferimento, intese portare l’attenzione su di un pensiero, e relativo progetto, non secondario del meridionalismo classico, come quello di Giustino Fortunato, ma nel contempo anche su di un’esperienza concreta e positiva di trasformazione agraria, quale fu quella realizzata a Gaudiano dal fratello di Giustino, Ernesto. Un modello di trasformazione agraria, questo, tanto più significativo se rapportato ad un contesto socio-economico come l’allora provincia di Basilicata ancora fortemente segnata da precondizionamenti strutturali ed infrastrutturali, oltre che da un’economia prevalentemente di sussistenza”.
“Un notevole contributo di analisi, questo di Nino Calice – prosegue ancora la nota di Lerra – in direzione dell’approfondimento del pensiero e del ruolo socio-politico-culturale di Giustino Fortunato, oltre che del modo di essere e di muoversi della sua famiglia, caso esemplare di passaggio, nell’ambito della grande borghesia meridionale, dalla condizione redditiera a quella imprenditoriale. E ciò attraverso la puntuale ricostruzione, nel volume, anche attraverso documentazione inedita: a) dell’attività e dei rapporti di Giustino Fortunato con il fratello Ernesto; b) del ruolo svolto da Giustino Fortunato nel collegio elettorale di Melfi, che rappresentò ininterrottamente dal 1880 al 1909; c) del conflitto di giudizio e di orientamenti con il corregionale Francesco Saverio Nitti, in particolare rispetto ai modi e alle forme ‘dell’ammodernamento produttivo e statale del Paese’. Impostazioni progettuali, quelle di Nitti e di Fortunato, alquanto differenti, ma entrambe ispirate a produttività e innovazione, connotazioni portanti di un alveo di cultura politica riformista, non casualmente richiamate e finemente riattualizzate da Nino Calice in contesti politico-istituzionali, quali quelli dei primi anni Ottanta, particolarmente attenti a rinnovate politiche da perseguire per lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia. Una dimensione, quella riformista, di indubbia rilevanza ed attualità, che ha avuto in Nino Calice – conclude Lerra – un tenace protagonista di prima fila sul piano della cultura e della pratica politico-istituzionale.