“Il nostro Paese adesso è con le spalle al muro. Non si ci sono più scuse che tengano. Il messaggio contro le trivellazioni previste dagli articoli dello Sblocca Italia è forte e chiaro e arriva ormai anche al di fuori dei confini nazionali: il Paese non ha bisogno di inutili e dannose trivellazioni serve piuttosto urgentemente una diversa strategia energetica che liberi il Paese dalle fonti fossili e garantisca la qualità del territorio ed il benessere della popolazione, non gli interessi dei petrolieri” E’ il commento della Legambiente Basilicata alla notizia della Croazia che ha deciso di sospendere i progetti per la realizzazione di piattaforme petrolifere al largo delle proprie coste così come dichiarato dalla delegata dell’ambasciatore croato in Italia, Llija Zelalic la quale, peraltro, ha anche chiesto all’Italia di adottare un’analoga misura. L’associazione coglie l’appello croato e lo rilancia non solo all’intero Paese ma in particolare alla Regione Basilicata affinché lo stesso possa avvenire rispetto alle autorizzazioni alla Shell ad effettuare ricerche di idrocarburi nel Mar Jonio. In particolare – alla luce anche di quanto emerso nelle tre giorni che si è tenuta a Spalato tra rappresentanti di organizzazioni e movimenti ambientalisti di Albania, Croazia, Montenegro, Slovenia e Italia che aderiscono al network SOS Adriatico con l'intento di dare vita a una piattaforma comune per difendere l'Adriatico dai petrolieri e al quale, per l'Italia, hanno partecipato Legambiente, i movimenti No Ombrina e Trivelle Zero Marche – è doveroso mettere definitivamente un punto alla questione delle autorizzazioni in mare. Un punto che, ribadisce la Legambiente Basilicata, certamente non sta a significare la chiusura del capitolo sulla questione energetica in Basilicata, ma l’inizio di uno successivo, che riguarda lo stop alle estrazioni “come in mare così in terra”. Il calcolo costi-benefici dell’impatto economico, sociale e ambientale di questo approccio è assolutamente perdente quando si pensi che l’inquinamento sistematico e il rischio di incidente mettono a rischio aree di pregio naturalistico e paesaggistico, dove si svolgono fiorenti attività economiche legate ai settori delle pesca e del turismo per cercare di estrarre petrolio di bassa qualità che potrebbe coprire, valutate le riserve certe a terra e a mare, il fabbisogno nazionale per appena 13 mesi. E’ quindi fondamentale che le amministrazioni si impegnino per chiedere fin da subito una moratoria che blocchi qualsiasi autorizzazione relativa alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi: la vera politica energetica da seguire è quella delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, non quella delle fonti fossili.bas 03