“Dopo la lettura dei dati Svimez ed in particolare quelli della scheda per la Basilicata tra “eppur si muove” e “la ripresa è ancora lontana” noi preferiamo concentrare ogni sforzo nella partita Masterplan-Piano per il Sud all’interno del quale trova spazio quello che il Governatore Pittella definisce il “Manifesto per la Basilicata”. E lo facciamo ripartendo dalle proposte lanciate poco più di un mese fa da Bari dove abbiamo tenuto l'assemblea nazionale dei quadri con al centro l’idea di un Patto di partenariato per lo sviluppo e l’occupazione e nella consapevolezza che la partita con il Governo è ancora aperta. Intorno alle cinque linee strategiche indicate dal Governatore – società connessa e competitiva; società della conoscenza e delle competenze; società dello sviluppo compatibile e duraturo; società coesa e della cittadinanza; società ben governata – tutti e ciascuno per la propria responsabilità sono chiamati a dare il proprio contributo perché se le nostre comunità non sono messe in salvo nessuno può pensare di salvarsi”. Così Carmine Vaccaro, segretario regionale della Uil Basilicata.
“Il percorso per raggiungere il traguardo Matera 2019-Basilicata 2019 si costruisce adesso nella consapevolezza che l’aggiornamento della Svimez rispetto al rapporto della scorsa estate non ci lascia tranquilli, anzi contiene indicatori – quali il tasso disoccupazione giovani under24anni al 46,7%, il tasso di occupazione femminile al 35,3%, quelli sulla distribuzione dei redditi, povertà e benessere sempre allarmanti – che non vanno né messi sotto il tappeto e né trasformati in polemica politica.
Con ordine, occorre una forte politica di rilancio dello sviluppo del Sud – aggiunge – in grado di riequilibrare le differenze territoriali. Al Sud serve una riqualificazione della spesa ordinaria e un diverso impiego della spesa pubblica aggiuntiva dei Fondi Europei, in quanto queste, al momento, sono le “uniche e preziose” risorse certe e manovrabili all’interno dei Bilanci pubblici da destinare allo sviluppo, all'occupazione e alla crescita. La grande sfida, quindi, è programmare e impegnare presto e bene le risorse: nei prossimi sette anni per la programmazione europea arriveranno 800 milioni di euro. Noi, insieme a Cgil e Cisl, abbiamo fortemente lanciato l’idea che bisogna smettere di utilizzare questa risorsa nella logica della distribuzione a pioggia. Bisogna dare un’anima a questi fondi: per noi è l’occupazione, il lavoro. E’ una delle ultime chance che abbiamo a disposizione. Per fare questo ci vuole il pieno coinvolgimento, e non solo nella fase di elaborazione, del partenariato economico e sociale di questa regione. Per il Mezzogiorno va riaffermato il principio che il Paese tutto deve sviluppare un piano nazionale sulle politiche di coesione, e, quindi di intervento finanziario per riequilibrare il differenziale sociale, economico ed occupazionale tra aree sviluppate e non.
Per questo occorre quantificare, una volta per tutte, le risorse a disposizione di queste politiche, soprattutto dopo la riduzione sostanziosa, operata negli anni scorsi, da ultimo i 3,5 miliardi di euro del Piano di Azione e Coesione per finanziare la decontribuzione per le nuove assunzioni. Ecco perché la UIL propone un documento per lo sviluppo socio economico ed occupazionale del mezzogiorno per lo sviluppo socio economico ed occupazionale del Mezzogiorno d’Italia attraverso un “Patto di Partenariato” istituzionale, sociale ed economico da presentare al Governo, alle Regioni ed alle altre forze sociali, per cercare di mettere in “primo piano” interventi mirati e scelte strategiche e coraggiose. Il tutto finalizzato alla crescita e allo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia, che potranno affermarsi innanzitutto attraverso una forte azione di rinnovamento teso all’efficienza ed all’efficacia della spesa pubblica e con approcci concreti su grandi scelte strategiche.
Per noi lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia – sostiene ancora Vaccaro – passa per interventi modellati su 4 azioni cardine, evitando di fare la classica “lista della spesa” e concentrarsi sulla competitività dei territori per rimuovere i freni agli investimenti e allo sviluppo a partire da tutti gli strumenti di programmazione (nazionali, europei, e locali). La parola magica che non deve rimanere uno slogan sulla carta è e dovrebbe essere “concentrazione”: di risorse e di progetti. Puntiamo su un nuovo modello di politica industriale.
E’ ormai ineludibile per il Mezzogiorno e del suo tessuto produttivo affrontare la sfida dimensionale delle imprese, ma occorre una strategia di politica industriale più “robusta” e orientata nel medio e lungo periodo.
In sintesi la nostra convinzione: se non c'è la ripresa del potere d'acquisto dei lavoratori e dei pensionati, non ci potremo agganciare alla ripresa economica perché non ci saranno le risorse per consumare i beni e i servizi prodotti dal 75% delle nostre imprese per il mercato interno. E’ questa la sfida che oggi lanciamo: efficienza, trasparenza, responsabilità e credibilità, in una parola, “autorevolezza delle Istituzioni”.
Insistiamo: il vero nodo cruciale per il rilancio dello sviluppo del Mezzogiorno è il funzionamento della Pubblica Amministrazione, non solo nelle sue implicazioni economiche, ma anche socio culturali.
Quando affrontiamo il tema dell’efficienza, non possiamo non riferirci anche alla gestione dei servizi pubblici locali, perché riteniamo che essa sia parte sostanziale della competitività di un territorio e occasione per creare nuovo sviluppo.
Occorre uscire dalla logica “campanilistica” e puntare, invece, alla loro integrazione e alla loro aggregazione, data la piccola dimensione delle “municipali” che operano nel Sud.
Certo, siamo consapevoli, che richiede tempo una svolta riformista di così larga portata, ma riteniamo che essa sia indispensabile e ineludibile. Non si deve procedere per “pezzi”, ma si deve viaggiare insieme ad altre riforme Istituzionali e Costituzionali per stabilire prima “chi fa e che cosa” tra Stato ed autonomie per poi assegnare le risorse. Le Istituzioni Pubbliche, invece, al contrario, nel corso degli ultimi mesi hanno assegnato alle parti economiche e sociali un ruolo sempre più di facciata: la concertazione, a nostro avviso non può essere vissuto come un adempimento formale o peggio ancora virtuale. Il nostro non è un generico appello al coinvolgimento del sindacato alle scelte e agli indirizzi programmatori, è qualcosa di più. E’ una necessità per un Paese frammentato, diviso, scettico, spesso distante dalla politica, vissuta come un fastidio e non come uno strumento di rilancio e riscossa economico sociale.
Se vogliamo che il Mezzogiorno cresca ci vogliono Istituzioni diverse, perché la crescita del Sud sarà la crescita del Paese”.
bas 02