Il Garante dell’infanzia commenta la notizia relativa ad un episodio di violenza sui minori che sarebbe accaduto in un centro estivo e parla di “fatto inammissibile per una società a misura d'uomo che ci sforziamo di costruire"
"L’episodio di violenza su un minore in un centro estivo per ragazzi deve far riflettere. Non ci sono attenuanti. Nessuno può minimizzare questo evento, non solo tragico per le conseguenze, quanto inammissibile per una società a misura d'uomo che ci sforziamo di costruire".<br /><br />È quanto ha dichiarato il Garante per l'infanzia e l'adolescenza in Basilicata, Vincenzo Giuliano, a proposito della notizia che sta facendo il giro delle redazioni e occupa le prime pagine dei giornali.<br />“Tutto da attribuire al caso – si chiede Giuliano - alle circostanze ‘favorevoli’ o c'è piuttosto da mettere sotto accusa certa superficialità che coincide con molte lacune, sotto il profilo organizzativo e non solo”?<br /><br />“Dei minori in questi centri estivi si occupano anche i privati – continua il garante – e ci sono intanto realtà importanti come le strutture religiose quali i salesiani, l'azione cattolica ragazzi, gli scouts, la Croce rosa e altre. Ci sono comuni che organizzano centri estivi, non sempre in linea con le attese. In alcuni casi ci accorgiamo che c'è qualche improvvisazione di troppo. Gli operatori privati mettono su delle strutture per realizzare degli utili. Non generalizzo, sia ben chiaro. Ma l'attenzione che deve essere dedicata al mondo dei minori ritengo debba essere davvero massima, se si vogliono ottenere dei risultati apprezzabili”.<br /><br />“A questo punto – dice Giuliano – il discorso non può non investire il mondo delle comunità educative che rappresentano un punto cardine nel discorso sull'attenzione riservata ai giovani e giovanissimi, soprattutto a quelli che non hanno la fortuna di vivere in una famiglia come tanti altri e chiedersi quali compiti hanno le comunità, quali finalità perseguono e soprattutto in che modo corrispondono al bisogno dei ragazzi di essere compresi e ascoltati”.<br /><br />“Sono 34 le comunità educative che ospitano in tutta la regione ragazzi di varia provenienza e con problematiche differenti ed esse risentono inevitabilmente di una situazione di incertezza, quantomeno, dovuta all'assenza di una legge regionale che dovrebbe disciplinare il settore, ma non solo dal punto di vista organizzativo e burocratico, quanto sotto il profilo di una capacità di ascoltare i giovani, in base ai loro bisogni”.<br /><br />“Vi è una norma generale che dà risposte generiche – conclude Giuliano – e manca una piattaforma comune tra i servizi che prendono in carico i minori con un necessario coordinamento. Per fare in modo che le comunità siano efficienti, bisogna superare appunto quella soglia di genericità. Le comunità oggi accolgono tutti, e non si caratterizzano per quella specificità necessaria. Non esiste una corrispondenza tra l'attività realmente svolta e la domanda degli ospiti. Manca un progetto specifico, magari largamente condiviso, perché si possano avere delle comunità davvero a misura dei minori".<br /><br />LC<br />