Potenza: preghiera laica anno dopo morti naufragio Lampedusa

Ci sono vite che pesano come macigni e altre più leggere delle piume. Appartengono a queste ultime le esistenze dei 366 migranti che il 3 ottobre del 2013, un anno fa, sono finite in fondo al mare Mediterraneo, al largo di Lampedusa, davanti all'isola dei Conigli, mentre su carrette sgangherate cercavano di approdare sulla riva di una speranza che si chiama Italia. Una cerimonia nel segno del ricordo e della compassione, ma anche della necessità di capire che cosa ci accade intorno, è stata organizzata – a un anno di distanza dagli avvenimenti – anche a Potenza per iniziativa della Provincia, dell’Arci regionale, del Centro Servizio Volontariato, della Cooperativa Sociale Il Sicomoro e della Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata.
«Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le proprie famiglie? Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del patire con: la globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere», ha domandato Papa Francesco nella sua visita a Lampedusa. E ancora nei giorni scorsi mentre, con commozione, parlava, ascoltava, guardava il dolore negli occhi dei pochi superstiti a quella immane strage. Non l'unica e neppure l'ultima. Una tragedia che ha lasciato troppe esistenze senza neppure il diritto al nome. Vite rimaste sul fondo del mare. Qualche volta strette in un abbraccio (come è stato documentato dalle telecamere sui fondali del naufragio).
Si è voluto regalare uno spazio di parola, di memoria, di pensiero. Con una preghiera laica per tutti i morti del Mediterraneo: donne, uomini, bambini. Per tutta l'umanità migrante che sfida le tempeste e la buona sorte mentre sta fuggendo dalle guerre e dalle persecuzioni. Dalla miseria e dalla fame. Dalle mille violenze che rendono impossibile la vita in alcuni angoli del mondo. Per questo, a un anno da quella strage, gli enti e le associazioni che in Basilicata lavorano per l’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo hanno deciso di organizzare anche nella città di Potenza questo momento di raccoglimento dove ognuno, secondo la propria religione e la propria sensibilità, potrà compiere un gesto simbolico rivolgendo un pensiero alle tante storie spezzate. Un modo per riconoscere a tutte queste persone la dignità della loro vita e del loro sacrificio. Per offrire una speranza ai superstiti. Per chiedere ai governi di non lavarsi le mani dinanzi a questo esodo e di compiere ogni sforzo per assicurare opportunità a quanti attraversano i mondi. Per affermare che, nonostante dolori e orrori, dev'essere ancora possibile possibile restare umani.
In apertura di incontro è stato letto un messaggio del presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella, che ha ricordate le azioni messe in campo dall'istituzione regionale in favore delle politiche di integrazione e di accoglienza di migranti e rifugiati. Hanno partecipato alla commemorazione l'assessore provinciale Carlo Pesacane, Valerio Giambersio (Città della Pace), don Franco Corbo, Pietro Simonetti, con testimonianze e preghiere di Mohammad Shahazad (Pakistan), Amadon Konate (Burkina Fasu), Pietro Simonetti (Task Force regionale per migranti), le associazioni Mateca e Rose di Atacama. Con Amine Braiek (Tunisia) e Maria Antonietta Maggio come traduttori. Ha concluso la commemorazione, in un'aula stipata di migranti e rifugiati, il giornalista e scrittore Mimmo Sammartino con un suo recitativo che, in chiave lirica, ricorda l'immane tragedia. Una preghiera laica in memoria di quei morti, simbolo delle migliaia di vittime delle quali, oltre a perdere il nome, talvolta non si è avuto nemmeno notizia dell'avvenuto naufragio.
(ValeSa)

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