Romaniello: Programma Barilla non si traduca in caso isolato

Per il presidente della III CCP “per realizzare un cambiamento delle politiche agro-alimentari necessario un indotto locale per le produzioni dei grandi gruppi industriali”

&ldquo;Il programma di investimenti del Gruppo Barilla per oltre 10 milioni di euro nello stabilimento di Melfi pu&ograve; segnare una svolta per l&rsquo;occupazione e per il comparto agro-alimentare lucano&rdquo; : &egrave; il commento del Presidente della terza Commissione consiliare (Attivit&agrave; Produttive) Giannino Romaniello (Sel) aggiungendo che &ldquo;fanno bene i sindacati di Cgil, Cisl, Uil di categoria ad incoraggiare il piano di ammodernamento delle linee produttive esistenti, indispensabile per la competitivit&agrave; e i mercati nazionale ed estero. Solo un anno fa i risultati di uno studio realizzato dall&rsquo;Osservatorio Industria Cgil Basilicata e presentato dalla Cgil e dalla Flai ci hanno dato un utile quadro del comparto agro-alimentare lucano, insieme ad un pacchetto di proposte concrete ed efficaci per il futuro del comparto, a partire dal Protocollo di intesa tra i soggetti sociali ed economici coinvolti&rdquo;.<br /><br />&ldquo;Si tratta &ndash; continua Romaniello &ndash; di far tesoro di quelle analisi e quelle proposte per evitare che il Programma Barilla si traduca in un caso isolato. Quello che manca &egrave; soprattutto una strategia unitaria di interventi che non a caso sono divisi tra i dipartimenti Agricoltura e Attivit&agrave; Produttive, mentre alcuni programmi di spesa sono frantumati tra P.O. Val d&rsquo;Agri, Programma Speciale Senise, bandi di reindustrializzazione e diversi enti erogatori di finanziamenti, richiamando l&rsquo;urgenza di attuare l&rsquo;attesa governance agricola, sempre pi&ugrave; necessaria. Anche i tentativi degli anni passati di dotare l&rsquo;alimentare lucano di un marchio unico di riconoscimento e valorizzazione delle produzioni di qualit&agrave; non hanno dato i risultati sperati a fronte di una spesa non certo irrilevante&rdquo;.<br /><br />Per Romaniello &ldquo;si tratta innanzitutto di assumere consapevolezza delle caratteristiche del nostro comparto agro-alimentare segnato dalla quasi totale assenza di una struttura imprenditoriale locale a livello industriale e di un pi&ugrave; fitta rete di piccole e piccolissime imprese agroalimentari del territorio con pi&ugrave; stretti rapporti con le produzioni agricole locali. Ancora, la maggior parte delle imprese di dimensione industriale &egrave; propriet&agrave; di Gruppi nazionali o esteri; in molti casi si tratta di stabilimenti terminali di trasformazione privi di attivit&agrave; decisionali in termini di investimenti sul territorio, se non all&#39;interno di scelte aziendali a livello nazionale o internazionale; le attivit&agrave; di R&amp;S sono quasi sempre assenti perch&eacute; dislocate presso le sedi centrali, un aspetto che limita senz&#39;altro le possibilit&agrave; di sviluppo degli stabilimenti e pi&ugrave; in generale l&#39;attrazione di forza lavoro qualificata dedicata alle attivit&agrave; di R&amp;S. Il punto pi&ugrave; debole &egrave; rappresentato dalla mancanza di una filiera locale di approvvigionamento delle materie prime di origine agricola locale. Si verifica, infatti, che la maggior parte dei gruppi presenti ed operanti sul territorio trasformano, per le loro produzioni, materie prime agricole importate da fuori regione, o in alcuni casi provenienti dall&#39;estero (come nel caso delle farine, che giungono dal Canada o dalla Russia, o come avviene per la trasformazione del pomodoro, dove solo il 40% del prodotto viene conferito da produttori locali, mentre si segnala l&rsquo;arrivo persino di pomodoro cinese)&rdquo;.<br /><br />&ldquo;Per realizzare un profondo cambiamento delle politiche agro-alimentari – conclude &ndash; &egrave; necessario partire dalla creazione di un indotto locale per le produzioni dei grandi gruppi industriali, dalla crescita qualitativa delle produzioni e dell&#39;occupazione, aumentando le opportunit&agrave; di sviluppo nel campo della ricerca e dalla promozione di filiere industriali strategiche, oltre a consolidare il tessuto delle piccole imprese locali attraverso strumenti consortili o di altra natura per la riduzione dei costi e la promozione sui mercati nazionali ed esteri. Punto fermo per SEL &egrave; rafforzare le opportunit&agrave; occupazionali e i diritti contrattuali dei lavoratori del settore (compresi quelli impiegati stagionalmente o con contratti a termine, ad esempio sul piano formativo e professionale)&rdquo;.<br /><br />&nbsp;&nbsp;

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