Art.18, Romaniello: “condividiamo la battaglia della Cgil”

Per il capogruppo Sel “la sinistra ha il dovere di interrogarsi sulla sua capacità di costruzione di un nuovo progetto di società capace di tenere insieme diritti, difesa dell’ambiente, un welfare inclusivo con le nuove dinamiche dello sviluppo”

“Condividere le motivazioni che hanno portato la Cgil a decidere l’unica cosa da fare, lo sciopero generale di otto ore contro la cancellazione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, è per noi condividere una battaglia di democrazia e di civiltà nei diritti”. E’ quanto sostiene il capogruppo Sel in Consiglio regionale Giannino Romaniello sottolineando che “il governo Monti sta cercando di fare quel che non era riuscito a Berlusconi: introdurre la libertà di licenziamento. Non c’è nulla che possa compensare la cancellazione del diritto, peraltro garantito dalla Costituzione, alla dignità dei lavoratori, che merce non sono e non devono tornare a essere. Aspettiamo che qualcuno ci spieghi perchè favorendo i licenziamenti si possa incrementare l'occupazione”.

“Dunque – continua il capogruppo Sel – noi saremo al fianco della Cgil nello sciopero generale, in tutte le altre mobilitazioni con cui i lavoratori e i precari si opporranno. Non lo faremo per testimoniare ma per raggiungere un obiettivo concreto e preciso: impedire che la libertà di licenziare diventi legge. Ma non è, non può e non deve essere una battaglia solo della Cgil e nostra. Riguarda tutti i lavoratori e tutti coloro che si battono per difendere i diritti e la dignità del lavoro. Sono le radici sociali, politiche e culturali del centrosinistra, la sua ragion d’essere. La rottura non solo è stata esplicita, è anche stata enfatizzata dal Presidente del Consiglio con parole sul diritto di veto che speravamo di non dover più sentire, e che non possono non farci pensare ad un precisa strategia: quella di mettere nell’angolo la Cgil, il sindacato confederale più rappresentativo, per sostenere una riforma che risponda ai desiderata dei mercati. Per questo qui e ora il centro sinistra deve indicare una visione ed una politica alternativa, e soprattutto affermare che la crisi strutturale non si risolve con lo smantellamento forzato del modello sociale europeo”.
“In questa situazione – dice Romaniello – avvertiamo un grande rischio: se il centro sinistra non coglie immediatamente l’occasione per ‘alzare la propria voce’ è ovviamente destinato a sparire assieme ai diritti dei lavoratori e dei cittadini; la speranza di una prospettiva di un radicale cambiamento di passo è appesa alla nostra capacità di spiegare alla gente un ‘percorso possibile’, far percepire con nettezza la differenza concreta dei modelli che il centro sinistra saprebbe mettere in campo se potesse governare questo Paese. Infine, la Cgil non ha bisogno di tifoseria e sostegni virtuali, ma di una sinistra politica capace di costruire in tutti i luoghi e sedi istituzionali in cui è presente, iniziativa, azione, progetti che caratterizzano la sua scelta. Una scelta capace, sotto il profilo programmatico e comportamentale di interpretare i bisogni sociali, difendere i diritti e la dignità del lavoro per costruire un nuovo blocco sociale e politico in grado di contrastare la deriva neoliberista e con tratti di autoritarismo interpretato da questo Governo tecnico. E’ sin troppo evidente che con la proposta sul mercato del lavoro oltre ad aprire la strada ai licenziamenti facili, si intende modificare il sistema delle relazioni industriali mettendo in discussione il ruolo dei corpi intermedi della società, parti fondamentali di quella Costituzione materiale che ha affiancato la Costituzione ‘formale’ ed ha permesso al Paese di superare crisi ben più significative”.

“La sinistra – conclude Romaniello – ha il dovere di interrogarsi sul suo ruolo e la sua capacità di costruzione di un nuovo progetto di società (un’altra idea di sviluppo) capace di tenere insieme i diritti, la difesa dell’ambiente, un modello di welfare inclusivo con le nuove dinamiche dello sviluppo”.

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