L’8 marzo si terra a Roma l’iniziativa nazionale in occasione del “Gender New Deal”, alla quale parteciperà una delegazione di dirigenti ed iscritte lucane alla Uil.
“Il Quoziente Familiare così come è concepito – sottolinea la Commissione Pari Opportunità della Uil che sempre per l’8 marzo aderisce alla raccolta di firme contro le dimissioni in bianco – è un percorso non più praticabile, perché economicamente non sostenibile, e occorre trovare strumenti e modalità che garantiscano il lavoro femminile con sostegni concreti e innovativi”
“Non possiamo in occasione dell’ 8 marzo – si sottolinea in una nota – non parlare del lavoro precario dei giovani occorre dare risposte concrete in quanto se rifiutiamo con convinzione l’alternativa o famiglia o lavoro, dobbiamo essere consapevoli che le nuove generazioni rischiano di avere poco dell’una e dell’altro. Il lavoro delle giovani donne troppo spesso è precario e sottopagato con insopportabili fenomeni di sfruttamento. Anche in questo caso è necessaria una azione comune per far uscire i giovani dalla precarietà mettendo in campo strumenti validi quali contratti che non incentivino il lavoro precario a vita e mettano fine alla pratica diffusa degli stage gratuiti e dei finti tirocini”.
“Nella nostra concezione di Gender New Deal – continua la nota – scuole moderne asili, università, assistenza agli anziani sono infrastruttura, sono le fondamenta di un nuovo Welfare che necessariamente dovrà avere articolazioni territoriali, condivise tra tutti gli attori sociali, a cominciare dal sindacato ed in particolare dalla UIL. Allora investiamo costruendo infrastrutture sociali perché, tutto ciò genererà occupazione qualificata e favorirà l’occupazione delle donne.
Inoltre i dati ci dicono che le donne che non lavorano non fanno figli, ma le donne che lavorano hanno paura di perdere il lavoro.
Introdotta da Prodi, abrogata da Berlusconi la norma contro le dimissioni in bianco è di nuovo nell'agenda del Governo e per il Ministro Fornero si tratta di una norma discriminatoria, illegale da abolire. Come sappiamo tale norma obbliga la lavoratrice, all'atto dell'assunzione, a firmare una lettera di dimissioni priva di data che sarà utilizzata al momento in cui la donna annuncerà al suo datore di lavoro che è incinta. Aggirando così non solo l'articolo 18 ma qualsiasi forma di indennità prevista per legge. Una pratica tutt'altro che marginale, se è vero che (dati Istat) tra il 2008 e il 2009 ben 800mila donne hanno lasciato in maniera più o meno volontaria il proprio lavoro per motivi legati alla maternità”.
Cs-bas