Incarico Viti, Rosa: da condannare dal punto di vista etico

Lo sottolinea il consigliere regionale del Pdl in una lettera inviata al direttore de “Il Quotidiano” Leporace

“Egregio direttore Leporace, ho letto la sua raffinata e intelligente difesa dell’onorevole Vincenzo Viti, attuale assessore alla Formazione e alle Politiche del Lavoro. Se pur non ne condivido i contenuti colgo l'occasione per trarne spunti di riflessione che gradirei condividere con lei e con il suo giornale”. E’ l’incipit di una lettera a firma del consigliere regionale del Pdl, Gianni Rosa, e inviata al Direttore de “Il Quotidiano”.

“Innanzitutto – scrive Rosa – tengo a precisare che il sottoscritto, come al contrario scrive nel suo editoriale, non è un ex missino, pur rispettando quella storia, essendo entrato in politica nel 1995 con Alleanza Nazionale. Sono stato un giovane attratto da un progetto di destra europea moderna, all’epoca rappresentata dalla svolta di Fiuggi. In quel momento storico inizia la mia attività politica. Il mio percorso è stato coerente fino all'adesione al Popolo della Libertà. Un percorso chiaro, in netta contrapposizione al centrosinistra italiano e lucano.
Egregio direttore Leporace, Vincenzo Viti, uomo di cultura e sagacia politica, è un rappresentante di quel continuum politico che ha attraversato oltre mezzo secolo di consociativismo e gestione catto-comunista alla quale non appartengo ed alla quale mi sono sempre opposto. Però, Viti ha commesso un errore, anzi uno scivolone politico ed istituzionale, su cui il silenzio del centrosinistra dimostra un enorme imbarazzo. Vincenzo Viti non è un uomo qualunque nello scenario politico lucano, non può esserlo per l’esperienza e per il suo vissuto e non lo è neanche per il suo recentissimo passato: assessore all’Agricoltura, capogruppo Pd e ora assessore alla Formazione e alle Politiche del lavoro. Un assessorato delicato, quest'ultimo, importante e anche “difficile” da gestire sia per l’attuale momento di crisi caratterizzato da vertenze, aziende in difficoltà e disoccupazione crescente, che per le scelte errate di questo centrosinistra, del quale Viti è attore di primo piano, dai tirocini formativi, alle work experience, al reddito ponte. Li abbiamo già dimenticati?
L’incarico di Viti, quale portaborse del senatore a vita Emilio Colombo, in un’Italia ed in una Basilicata dove è sempre più difficile scandalizzarsi, non è certo un illecito, ma è da condannare da un punto di vista etico-politico.

Innanzitutto perché se nel privato Viti non ha forse mai negato questa collaborazione, non ne ha mai parlato pubblicamente, neanche quando ha preso in mano un Dipartimento difficile e delicato come la Formazione. Una prassi consolidata: evitiamo di parlare, forse nessuno mai lo verrà a sapere. Ma non è stato così. Non entro nei motivi per i quali Viti offre la sua collaborazione all’antico leader, non mi interessa. Mi interessa invece che un uomo pubblico che governa una regione i cui abitanti sono noti per la sobrietà, invece di dare esempio, con la vicenda ‘portaborse’ mostra una grande debolezza: l'attaccamento al denaro pubblico. Debolezza che è tanto presente nell'uomo comune e che si amplifica negli uomini politici che nella loro vita hanno fatto una scelta esclusiva: fare politica a tempo pieno.

Lui che da alcuni mesi è responsabile di uno degli assessorati più impegnativi non doveva, non poteva, cadere in questa pericolosa trappola: l'attaccamento ai soldi. Viti oggi in Basilicata rappresenta il lavoro che non c'è, deve rappresentare la sobrietà dei lucani che vivono in difficoltà, oggi avrebbe dovuto essere, per il ruolo di responsabilità che ricopre,
l'esempio da imitare. E invece nel cercare di giustificare tale collaborazione, l’on. Viti si fa un clamoroso auto goal: si giustifica dietro il mutuo da pagare. Un'uscita, la sua, che ha umiliato quei giovani che un mutuo non possono neanche averlo, che ha indignato chi con redditi da lucani normali il mutuo lo paga, ha offeso quegli stessi lavoratori del Val Basento che vivono con 300 euro mensili ai quali Viti stesso ha detto che la Regione Basilicata nulla può.
Viti preferisce ancora il denaro pubblico di una collaborazione che può evidentemente elargire gratis, preferisce nascondersi dietro una ‘nobile bugia’ come lei scrive Direttore, ovvero che il compenso gli serve ‘per potersi pagare il mutuo’. Non so a cosa gli servano quei soldi, non mi interessa, so solo una cosa: che li percepisce.

Viti è l'interprete ufficiale di un modo di pensare e di operare che accomuna tutto il centrosinistra lucano, tanto ipocrita, quanto populista e demagogico, facendo valere in concreto il detto ‘fate quello che vi dico e non fate quello che faccio io’.
Viti, insieme agli altri esponenti del Pd, è l'erede della politica colombiana che ha prodotto la Basilicata di oggi, che lei egregio Leporace ha tante volte, con i suoi articoli, stigmatizzato per le sue anomalie. La questione non è personale, non Rosa e Venezia contro Viti, è politica. Due culture diverse di vivere la vita, due approcci alla società differenti. L'approccio del Viti doroteo, in ogni suo intervento emerge, ‘tutti dicono bene ma la ragione sta sempre dalla sua parte’, mai cercare l'attacco ma girare attorno all'avversario con una dialettica sdolcinata e molte volte stancante. Viti rappresenta una cultura conservatrice, da notabili che ritiene che si può essere contemporaneamente assessore al Lavoro ed alla Formazione e portaborse di Colombo. Tutte e due posizioni politiche, a scanso di equivoci, alcuni considerano il fare il portaborse una professione, io ritengo che Viti, prima di accettare l'incarico in Regione, avrebbe dovuto fare chiarezza e rinunciare per ‘onore’ allo stipendio da portaborse. Ma non lo ha fatto, lui ha deciso che era giusto, si poteva fare senza alcun problema e forse mai se ne sarebbe parlato. Non sono un giudice e non abbiamo aperto un processo sulla rete, abbiamo solo fatto il nostro mestiere di opposizione, informando l'opinione pubblica che saprà da sola giudicare. O sarebbe stato meglio, egregio Direttore Leporace, che la questione rimanesse segreta?
Lei sa meglio di me che il silenzio è una delle cause che sta uccidendo la Basilicata, al pari del minimizzare il mal costume, giustificare le filiere elettorali, consentire che i privilegi delle oligarchie si sorreggano a vicenda in quel ‘familismo amorale’ che è prassi consolidata di una certa borghesia lucana. Viti ha sbagliato ed ha continuato sbagliare, anche con quella lettera al Presidente De Filippo, scritta sapendo bene che sarebbe stata cestinata. Non siamo nati ieri, pur non avendo l’esperienza negli ‘arcana imperi’ come gli antichi colombiani, e né siamo sprovveduti.
Caro Direttore Leporace cosa mi dice poi del bando riaperto per favorire le giovanili governative? Anche in questo caso Viti ha fatto bene? Per me è un’operazione di favoritismo spicciolo, quasi a considerare quel Forum come un ristoro per qualche giovane rampante, vicino al Palazzo.
Egregio Direttore Leporace, siccome la stimo devo dirle pubblicamente che non sono d’accordo su questa difesa del ‘soldato Viti’. All'onorevole Viti, del quale stimo l’intelligenza e la cultura, ribadisco che sarebbe opportuno si dimettesse da assessore alla Formazione e al Lavoro perché tale carica è politicamente incompatibile alla luce di queste vicende. Il ruolo di assessore è stato inficiato da un comportamento non cristallino, ‘gli incarichi romani’ e i ‘mutui da pagare’ dal punto di vista etico lo rendono incompatibile ad affrontare questioni spinose e socialmente delicate quali vertenze aziendali, incontri con lavoratori in mobilità e disoccupati”.

    Condividi l'articolo su:

    Web TV

    Ultimi pubblicati

    Correlati