Osservatorio regionale delle acque, presentata pdl

Conferenza stampa di presentazione della proposta di legge di iniziativa dei consiglieri Singetta (Api), primo firmatario, Romaniello (Sel), Viti, Dalessandro, Straziuso, Braia, Pittella (Pd)

La pdl è di modifica e integrazione della “Legge regionale 1 marzo 2005, n.21 – Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 2 settembre 1996, n. 43 – Disciplina nella ricerca e coltivazione delle acque minerali e termali”.

“Le sorgenti di acqua minerale in Basilicata – hanno sottolineato i consiglieri intervenuti – rappresentano una grande risorsa che, però, fino a questo momento è stata fonte di guadagno soltanto delle società intestatarie delle concessioni. La Regione infatti, nonostante debba sostenere elevati costi per effettuare i dovuti controlli sanitari, le misurazioni delle superfici da concedere e le operazioni per lo smaltimento della plastica in cui l’acqua è contenuta, ricava royalties irrisorie che non sono sufficienti neanche a coprire i costi sostenuti per tali oneri”.

“Dai dati ufficiali del 2003 – ha sottolineato Braia (Pd) – emerge che nella nostra Regione le aziende del settore hanno prodotto oltre un miliardo di litri di acqua minerale, con un incasso di ben 283 milioni di euro, mentre le royalties incassate dalla Regione ammontano (il dato è sempre del 2003) ad appena 305 mila euro”.

Per Romaniello (Sel) “scopo della proposta di legge è quello di garantire un maggiore controllo sulle società concessionarie e di armonizzare le quote delle royalties con quelle di altre regioni italiane e con quanto stabilito dalla Conferenza delle Regioni il 16 novembre 2006 nel documento di indirizzo in materia di acque minerali naturali e di sorgente. Secondo tale documento, infatti, il canone da applicare può variare tra un minimo di 0,50 euro ad un massimo di 2,00 euro ogni mille litri o frazione di utilizzato o emunto ed il canone superficiario non può essere inferiore a 30,00 euro per ettaro o frazione di superficie concessa. Le singole Regioni, discrezionalmente, possono determinare importi maggiori sulla base della valutazione su cui insiste la concessione mineraria.
I maggiori ricavi potranno essere utilizzati per il disinquinamento, poiché l’origine sotterranea dell’acqua non garantisce la sua purezza, stante la possibilità che agenti inquinanti, sia di origine industriale che agricola, penetrino nel sottosuolo.

“La proposta di legge prevede – ha spiegato il primo firmatario Singetta (Api) – che le società commerciali concessionarie debbano informare preventivamente e tempestivamente la Giunta regionale, con obbligo di comunicazione al Consiglio regionale, per quanto concerne il mutamento dei soci, la cessione della maggioranza del capitale o rilevante variazione del capitale sociale. Nel caso inosservanza, può essere pronunciata la decadenza del permesso di ricerca o concessione. Lo scopo di questo articolo è di evitare che la Regione apprenda tardivamente notizie su vicende importanti per le sorti societarie e per il destino delle concessioni. L’articolo 2 limita le concessioni, che restano rinnovabili, ad una massimo di trenta anni. L’articolo 3 determina le nuove quote delle tasse di concessione regionale, adeguandole alla normativa presente nelle altre regioni e a quanto stabilito dalla Conferenza delle Regioni nel 2006. L’articolo 4 stabilisce al 40per cento i proventi destinati al finanziamento della difesa attiva dei bacini idrominerari e termali”.

Singetta ha posto l’accento, in modo particolare, sulla previsione “della istituzione di un Osservatorio Regionale delle Acque che ne regolamenta la composizione e le attività. Si tratta della costituzione di un centro scientifico che ha come compito la salvaguardia del bacino idrico-termale della Regione Basilicata. Basti pensare alle numerose sorgenti termo-minerali sulfuree, carboniche, arsenicali-ferruginose, solfate e bicarbonato che, un tempo, curavano i mali di cittadini non solo locali, ma anche campani pugliesi che si recavano a San Cataldo di bella oppure a Monticchio Bagni o a Tito o ancora a Tramutola e a Rampolla o Latronico. Oggi sono attive solo le Terme di Latronico e quelle di Rapolla, con grosse difficoltà, da parte dei Comuni e degli imprenditori, di gestione per carenze di fondi e, spesso, di capacità tecniche specifiche. Vanno preservate anche le caratteristiche dell’ambiente marino e dei tanti alberghi della costiera ionica e tirrenica con potenzialità tassologiche e idroterapiche da valorizzare ed accrescere. Gli studi promossi dall’Osservatorio delle Acque, da realizzare attraverso un laboratorio fisico-chimico, microbilogico, idrogeologico e geofisico, dovranno riguardare l’intero territorio dei monti lucani, chiarire gli schemi di circolazione idrica sotterranea e monitorare le acque minerali. I loro obiettivi riguardano la definizione e il mantenimento: della potenzialità e della portata delle sorgenti nel tempo, della quantità e della modalità di prelievo in relazione alle potenzialità del bacino relativo, dell’andamento nel tempo della mineralizzazione e della qualità microbiologica e delle caratteristiche terapeutiche delle acque”.

“Il monitoraggio – ha sottolineato Robortella (Pd) – dovrà necessariamente avvenire in sinergia con diversi Dipartimenti dell’Università della Basilicata da coinvolgere nell’iniziativa (Chimica, Scienze Geologiche, Ingegneria e Fisica dell’Ambiente, Architettura, Strutture e Geotecnica). Di rilievo assoluto – ha proseguito – la messa a sistema dell’insieme delle acque termali lucane, che possono divenire un vero volano di crescita economica e di occupazione”.

Il consigliere Straziuso (Pd) ha fatto riferimento “ad un vero protocollo per le Acque, così come è stato per il petrolio. Le risorse idriche cominciano a scarseggiare e sono progressivi i fenomeni di desertificazione e inquinamento che riguardano anche la nostra regione, sarebbe dunque opportuno dedicare i proventi ricavati dalle concessioni per salvaguardare e tutelare queste risorse”.

    Condividi l'articolo su: