Fiat e sviluppo, l’intervento di Benedetto (Idv)

Per il consigliere regionale “ciò da tenere in alta considerazione è il territorio con le sue opportunità turistiche, agricole e industriali e le sue risorse umane con la capacità di intervenire in un mondo in forte trasformazione”

“Quella chiamata ‘Era Marchionne’ non è altro che l’ennesimo segnale di come il mondo economico e quello politico si devono muovere per essere parte integrante di un’economia locale e globale nello stesso tempo: si parte dall’osservazione del proprio territorio e si collega il proprio ‘guardare vicino’ al resto del mondo. Tutto il dibattito che si è sviscerato intorno alla questione è la dimostrazione che bisogna capire l’approccio corretto per lo sviluppo del territorio di appartenenza”. E’ quanto sostiene il consigliere regionale dell’Idv, Nicola Benedetto che sottolinea: “Se Sergio Marchionne ha avviato la sua battaglia con i sindacati per modernizzare il lavoro nelle fabbriche Fiat in Italia è perché ha capito che bisogna cambiare una cultura del lavoro ormai non più competitiva. Infatti, è a causa della grave crisi economico-finanziaria che coinvolge il mondo intero e, in particolare, il settore automobilistico, che Marchionne, per uscire dalla crisi e dall’inevitabile alienazione dell’azienda, tenta di acquisire importanti gruppi automobilistici europei e americani come fatto per Chrysler. Sembra che la Fiat non abbia altra scelta che tagliare i costi spostando la produzione altrove”.

“Le ipotesi – prosegue Benedetto – che il gruppo si possa spostare in insediamenti meno cari (Polonia, Serbia, Brasile) dove è già il maggior produttore automobilistico e fa profitti, sono giustificate da dichiarazioni molto chiare: ‘il prestigio di essere il simbolo della grandezza industriale dell'Italia e il maggiore datore di lavoro del settore privato ha un prezzo troppo alto se la produzione italiana continua a rallentare il gruppo’. Invece, Marchionne ha promesso di investire 20 miliardi di euro nelle fabbriche italiane e di raddoppiare la produzione entro il 2014, purché i sindacati accettino contratti più flessibili e accordi per non fare scioperi”. “E’ sufficiente?  Nei fatti il referendum in Mirafiori lo vede vincere e la proposta di Federmeccanica, di poter avere un contratto aziendale e uno nazionale, sembra riportare agli albori le lotte sindacali e i diritti dei lavoratori. Ma mentre il dibattito s’infiamma su questi temi nel resto del mondo si lavora e si produce entro schemi e logiche completamente diverse. Nella stessa azienda Fiat, il 1 gennaio 2011, nasce Fiat Industrial e dopo l’iscrizione in borsa è stata annunciata la nuova struttura organizzativa della società che comprende il ramo veicoli industriali e bus (Iveco, Irisbus, Astra e Magirus), il ramo macchine agricole e movimento terra (CNH, casa IH, Case Construction, New Holland Agriculture,New Holland Construction e Kobelco) e, infine, il ramo Motori e trasmissioni (Fiat Powertrain Technologies Industrial)”.

“Rivedere l’andamento operativo delle proprie attività, stabilire gli obiettivi, adottare le scelte strategiche, ma anche decidere gli investimenti e gestire lo sviluppo manageriale non possono che essere le finalità da seguire. Il che significa – sottolinea il consigliere regionale dell’Idv – scenario aperto verso nuove avventure in cui diversificare un prodotto, l’auto, che non è più una scelta obbligata e sicuramente non più competitiva rispetto a produzioni a più basso costo. Ma sulla stampa locale il dibattito si esaurisce fra chi lo definisce ‘patto’ quello con i lavoratori e chi lo definisce ‘ricatto’. E l’opinione pubblica ‘viaggia’ fra l’ottimismo di Carrano che individua ‘reti d’imprese’ per il settore auto e lancia sfide al territorio e gli attacchi di sindacalisti e politici che avanzano l’esigenza di discutere i programmi per l’indotto della Sata. Fra queste due posizioni, ritengo, ci sia una verità che sfugga ed è quella della modernizzazione, del nuovo che avanza a velocità spesso irraggiungibili e poco inclini alle riflessioni. Stati moderni, economie moderne che devono muoversi con regole adeguate. La Fiat sta solo facendo il suo percorso per rimanere in piedi anche considerando ‘altro’. Insomma, bisogna saper riconoscere un sistema economico che cambia, individuarne la direzione, la forma e l’entità per poterla seguire, per esserci. Le guerre di posizione, la speculazione politica, la violenza che in alcuni momenti hanno caratterizzato la vicenda non portano risultati. Tutto viaggia ad una velocità che smentisce le nostre certezze, ci mette costantemente in rapporto dialettico-professionale con tecnologie più avanzate, intelligenze più argute, formazione e ricerca sempre più avanti”.

“Cosa fare?” è l’interrogativo che si pone il consigliere Benedetto, al quale risponde: “a mio avviso bisogna poggiare lo sguardo sul territorio. Bisogna guardarsi intorno, e da quello che si vede, da quello che si possiede, trarre occasioni di sviluppo. L’Italia non possiede materie prime in quantità necessarie per creare sviluppo, poche le fonti di energia, si sta perdendo un patrimonio tecnologico per la capacità di altre società di aver conquistato traguardi superiori, le infrastrutture sono carenti e persino l’inefficienza della giustizia penalizza l’imprenditore che vede prolungarsi all’infinito qualsiasi questione giudiziaria che può bloccare cantieri e attività. Allora quello che resta, da tenere in alta considerazione è proprio il territorio e le sue risorse umane. Il territorio con le sue opportunità turistiche, agricole e di piccoli e medi insediamenti industriali. Le risorse umane con la loro creatività e la loro capacità di intervenire, con intelligenza, in un mondo in forte trasformazione. Menti sempre pronte a repentini cambiamenti di rotta, a verifiche e a valutazioni che possano meglio calibrare, di volta in volta, decisioni e obiettivi flessibili. Investimenti e operazioni sempre a ‘struttura aperta’ capaci di essere in dialogo continuo con sé stesse e con il mondo”.

“Il simbolo della grandezza industriale italiana – conclude – ha un nuovo piano di sviluppo che, per chi vuole e sa leggere fra le righe, può facilmente scorgerne nella volontà di ripensare sé stessa. Chi questa lettura non sa o non vuole farla può rimanere ancorato a vecchie e stantie logiche, ma che non si parli di sviluppo!”

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