Cgil, donne e diritti: il lavoro come riscatto

Il tragico omicidio di Rosa Fontana scuote la coscienza di una intera società, perché ancora una volta ci si trova di fronte ad una interpretazione omofoba e malata del rapporto tra i sessi, avallato da una cultura che, purtroppo, impera nel nostro Paese.
Con Rosa sale a 116 il numero delle donne che in Italia quest'anno hanno perso la vita a causa della violenza maschile, figlia di pericolosi silenzi della gente comune e delle istituzioni.
Antonio Pepe, Segr. Gen. della CGIL Basilicata sottolinea la palese difficoltà del nostro sistema paese a riconoscere uguali diritti a donne e uomini, nella vita di tutti i giorni, sui luoghi di lavoro, nelle famiglie che troppe volte nascondono condizioni di disagio.
I dati Istat parlano di 14.000.000 di donne italiane che sono state oggetto di violenza fisico-sessuale o psicologica nel corso della loro vita. La maggior parte di queste violenze proviene dal partner e la grandissima maggioranza non viene denunciata (90%). Solo nel 24,8% dei casi la violenza è stata opera di uno sconosciuto e solo il 18% delle donne che ha subito una violenza fisica o sessuale in famiglia considera questo un reato.
Sono dati sconcertanti che ci portano a riflettere seriamente su quello che le donne non dicono e invece dovrebbero aspettarsi. Bisogna partire, a nostro avviso, dalla riconsiderazione del ruolo delle donne nella società a tutti i livelli, dalla loro presenza attiva, dal loro ingresso stabile nel mondo del lavoro, che significherebbe una rinascita culturale. Oggi, infatti, rabbrividiamo di fronte al dato Eurostat che colloca il nostro Paese al secondo posto (prima di noi solo Malta) nella classifica dei paesi che registrano il maggior tasso di inoccupazione delle donne: il 48,9%, che sale ad oltre il 50% nella nostra regione assumendo una valenza ancora più allarmante.
Una donna su due è senza lavoro e non si ingegna per cercarne uno: questo è uno degli effetti di una crisi che continua a mietere disoccupazione.

bas 03

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