“Dopo quindici anni di seconda Repubblica è forse arrivato il momento di interrogarci se non sia utile avere nel Paese una forza politica che abbia e proponga una visione chiara e formata dall’ispirazione cristiana sui problemi che hanno fondamentale rilevanza per i cattolici: questioni bioetiche, famiglia, scuola, immigrazione, disagio sociale, povertà, lavoro ed economia civile, difesa dell’infanzia e della parità uomo donna. Questo non nega il valore e la necessità della mediazione, del dialogo, del confronto convergente e della laicità, anzi, dà corpo a questi elementi e potrebbe essere utile anche per i cattolici che hanno scelto di militare in altri contenitori politici”. E’ quanto sostiene Antonio Flovilla, coordinatore regionale Rosa per l'Italia verso il Partito della Nazione.
“Assodato che evitare il crescere della diaspora non significa mettere in discussione il pluralismo dell’impegno politico dei cattolici, mi domando – aggiunge Flovilla – se si debba rinunciare a una presenza politica di cattolici italiani in forma partito in cui il riferimento all’ispirazione cristiana sia chiaro ed evidenziato, quasi che questa ipotesi sia una forma di neointegralismo, che per la verità – in spirito di difesa – vedo sorgere più nelle “correnti o tendenze cattoliche” presenti nei partiti maggiori. I nostri Pastori – dal Santo Padre ai Vescovi – chiedono incessantemente di contribuire alla formazione di una nuova classe dirigente di cattolici per il Paese. Discutiamo allora di come l’ispirazione cristiana si concretizza e delle forme con cui ci si organizza.
Dall’esperienza pluriennale di consigliere regionale a volte m’interrogo se valga più la presenza in Consiglio Regionale e in qualsiasi ente o l’impegno su campi e terreni più vicini alla mia esperienza professionale e alla mia sensibilità sociale. Non sono in grado oggi di prefigurare con chiarezza il futuro della presenza politica dei cattolici italiani, ma questo – continua – non mi esime dal pormi e dal porre domande, di interrogarmi e di interrogare. Vorrei che lo facessimo tutti con tanta libertà, senza continuare a rimproverarci gli errori che nel passato ognuno di noi ha compiuto, ma volgendo lo sguardo al futuro, coscienti dell’essenzialità di questa presenza per il nostro Paese e per la Chiesa che amiamo. Alla politica del fare, al pragmatismo senz’anima, occorre presentare una dimensione della politica sorretta da un pensiero, da una chiara visione antropologica, perché oggi più di ieri siamo chiamati, pur con le nostre debolezze, a resistere alla potenza del denaro, dell’immagine e del potere per il potere”.
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