“Un congresso traccia la linea politica che è una rotta il cui approdo non sempre è dietro l’angolo. L’abilità del comandante e quella dei marinai si misura nella capacità di saper recuperare la meta nel più breve tempo possibile”
“La stagione congressuale a cui è chiamato Il Popolo delle libertà è una occasione straordinaria per stabilire la linea politica di un grande partito come il nostro”. E’ quanto afferma il presidente del gruppo consiliare del Pdl, Nicola Pagliuca, il quale sostiene che “il risultato realizzato in sede di tesseramento è un grande patrimonio da cui partire per sviluppare il dibattito interno che va ben oltre le sterili identificazioni giornalistiche utilizzate più in senso denigratorio che quale rappresentanza di valori ed idee”.
“La pluralità di mozioni presentate per il congresso – dichiara Pagliuca – sono, per loro natura, una buona base di dibattito, ma non esauriscono la voglia di partecipazione che deve contraddistinguere un congresso. Il Pdl è chiamato a confrontarsi in una fase delicata della vita del Paese, contraddistinta dall’impatto di una crisi economica senza precedenti. Una crisi che ha colto impreparato l’intero mondo occidentale, le cosiddette economie mature e che mette a dura prova gli istituti di democrazia presenti. Il secolo appena trascorso è stato caratterizzato da grandi trasformazioni innescate dalla rivoluzione industriale, passate attraverso le grandi intuizioni filosofiche che hanno diviso il mondo in modelli di democrazia e di economia profondamente diversi tra di loro per approdare a quello che sembrava il sistema ‘migliore’: il libero mercato all’interno di Stati democratici con il popolo sovrano. Gli stessi concetti di Stato si sono evoluti alla ricerca della dimensione più adeguata a contenere le esigenze di espansione a cui il libero mercato portava. Il sogno europeistico sempre più allargato, i grandi mercati del continente americano ed infine la sfida del Wto, hanno disegnato nuovi modelli di democrazia che ancora cercano conferme. Se da un lato si registra la cosiddetta primavera araba quale luogo della contaminazione del modello europeo, dall’altro si assiste alla debolezza dello stesso sistema europeo perché non corroborato da una unione politica degli Stati”.