150° Unità Italia, Nardiello (Pdci-Fds): difendere diritti

“La Regione Basilicata, l’intera comunità lucana arriva all’appuntamento storico dei 150 anni di Unità d’Italia con il suo bagaglio di lotte popolari per la democrazia, per affermare i diritti dei cittadini, dei più deboli, i senza terra. Il popolo lucano è stato protagonista con battaglie epiche e imprese eroiche, tra tutte alla lotta per la terra, il cui ricordo vogliamo affidare alle giovani generazioni per rinnovare e attualizzare il sentimento di appartenenza nazionale. Il contributo alla lotta antifascista per liberare il Paese, il contributo dei comunisti alla costruzione della Repubblica e per arginare i continui tentativi di colpire i diritti dei lavoratori sono pagine di storia scritte dal sangue e dal sudore di tanti lucani”. A sostenerlo è Giacomo Nardiello (Pdci-FdS), componente della Commissio ne ex consiglieri regionali, intervenuto nella manifestazione di oggi a Potenza.
“A distanza di 150 e di 65 anni dall’Unità e dalla Repubblica, l’Italia – aggiunge – è attraversata da tensioni e movimenti che vorrebbero disgregarla e rendere le sue istituzioni zerbini per i potenti. Le manifestazioni di sabato scorso in difesa della Costituzione sono l’espressione popolare ed genuina della grande volontà della difesa dei cittadini della carta costituzionale. Giorgio Napolitano, nella sua veste di Presidente della Repubblica e di garante della Costituzione, in questi giorni sta riproponendo con forza gli ideali di libertà, di unità e di solidarietà, per i quali tanti italiani diedero la propria vita, pur tuttavia, non si possono dimenticare i continui attacchi della Lega Nord all’Unità d’Italia, arrivando a paventare una vera e propria secessione di una parte del Paese. E’ necessario – continua Nardiello – ribadire che Unità nazionale e coesione sociale non significano centralismo e burocratismo, non significano mortificazione delle autonomie, delle diversità e delle ragioni di contrasto e confronto sociale e politico. Unità e coesione possono anzi crescere solo con riforme e loro conseguenti attuazioni, con indirizzi di governo a tutti i livelli, con comportamenti collettivi, civili e morali, che siano capaci di rinnovare la società e lo Stato, mirando in special modo ad avvicinare Nord e Sud, ad attenuare il divario che continua a separarli”.
Nardiello inoltre ha sostenuto che “a quarant’anni dalla nascita delle Regioni e a quarant’anni dall’approvazione dello Statuto dei Lavoratori, è sempre più necessari o far incrociare i diritti dei cittadini ad essere bene amministrati con quelli dei lavoratori a un lavoro dignitoso e in grado di garantire un’altrettanto dignitosa vita in famiglia e nella società. Il giudizio storico sullo Statuto dei Lavoratori non può che essere ampiamente positivo: i protagonisti, individuali e collettivi, della vicenda hanno dimostrato una rilevante capacità di leggere i cambiamenti nella struttura economica e sociale della nostra società e di avanzare proposte adeguate che non si limitavano al piccolo cabotaggio del governo della situazione contingente. I conflitti c’erano ed erano aspri, ma i soggetti che ne erano portatori erano in grado di collocare gli interessi che rappresentavano in un orizzonte ampio e significativo e, proprio su questo piano, assumevano la Costituzione come tavola di valori condivisi che, appunto, consentiva sia il dialogo, sia compromessi ragionevoli: un semplice confronto con la situazione a ttuale rende evidente l’abissale differenza. In realtà, lo Statuto dei lavoratori ha un valore simbolico ben più forte e più ampio di quello che sia il suo pur importantissimo contenuto normativo. E questo valore simbolico – conclude Nardiello – è ancora quello che era nella proposta di Di Vittorio, che i rapporti di produzione sono subordinati ai valori costituzionali, che il lavoro non è una merce, che il lavoro deve essere strumento di promozione della persona umana e di partecipazione dei lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del nostro Paese”.

BAS 05

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