Per il capogruppo dell’Idv alla Regione i dati di uno studio di Confindustria suonano come una beffa per i comprensori petroliferi lucani: i maggiori vantaggi del progetto Tempa Rossa andrebbero infatti al porto di Taranto
“I dati dello studio di Confindustria Taranto sull’effetto del progetto di Tempa Rossa sull’economia locale tarantina suonano come una beffa nei confronti delle popolazioni dei comprensori petroliferi lucani perché una nave-container petrolio arrivata in porto e ormeggiata in banchina rappresenta, come evidenzia Confindustria, un veicolo di ricchezza per i servizi e le attività di filiera ad essa connessi e rende di più rispetto a quanto sperano di ricavare i Comuni di Corleto Perticara, Guardia Perticara, Laurenzana, messi insieme”.
E’ quanto sottolinea il presidente del gruppo Idv in Regione Nicola Benedetto aggiungendo che “del resto è lo stesso capogruppo del Pd Braia oggi a riconoscere, per la prima volta, con lucidità, le errate valutazioni fatte all’inizio di una favola di ricchezza di cui sembrava potesse essere protagonista il petrolio. Per restare all’indagine di Confindustria di Taranto va ricordato che il disco verde del Cipe a Tempa Rossa produrrà la costruzione di due serbatoi per stoccare 180mila metri cubi di greggio che arriverà dalla Basilicata e l'ampliamento del pontile della raffineria per ospitare da 45 a 140 navi l'anno. Calcolando un periodo medio di sosta in rada di 4-5 giorni di una nave di stazza media (100mila tonnellate), Confindustria analizza le ricadute per i servizi di operazione, tecnico-nautici, portuali e, infine, commerciali e professionali. ‘Solo per la parte tecnico-nautica – si legge nello studio – una nave di 100mila tonnellate costa, per 4-5 giorni di sosta, 60mila euro’. Considerato quindi un traffico di 140-150 navi con Tempa Rossa, ‘è automatico desumere – si legge nello studio – la ricaduta in termini economici sul territorio locale’”.
“Per non parlare delle ricadute occupazionali che – continua Benedetto – mentre nell’area di Tempa Rossa sono limitate alla costruzione del sito principale e del secondo Centro Oli e pertanto si tratta di manodopera edile (qualche centinaio di unità) per la grande maggioranza generica per un periodo estremamente limitato, al porto di Taranto si prevede un’occupazione superiore e stabile. E’ questa la conferma del mio interrogativo: il gioco vale la candela? E per restare agli interrogativi: che fine ha fatto la ‘banchina Basilicata’ al porto di Taranto finanziata con le prime intese sottoscritte da Regione Basilicata ed Eni con l’obiettivo di fornire una piattaforma logistica per l’export del made in Basilicata?”.