“Un vantaggio fiscale di 73 euro pro-capite per l'Emilia Romagna, di 49 euro per i toscani, di 51 euro per i veneti, di 31 euro per i laziali che si trasforma, però, in una penalizzazione pari a 155 euro pro-capite per i comuni lucani, 134 euro per i campani, 132 euro per i calabresi. In pratica un modello di federalismo che amplia il divario atavico tra le diverse aree del Paese, senza prevedere alcun elemento di riequilibrio e perequazione. Presto i comuni meridionali saranno interessati da un diffuso aumento delle tasse e da un deciso peggioramento dei servizi erogati, senza speranza di poter colmare quella distanza che da sempre li separa dal centro e dal settentrione”. Lo afferma in un comunicato il segretario regionale della Cgil Basilicata Antonio Pepe.
“Come abbiamo segnalato più volte, e come ha rilevato anche lo SVIMEZ nell’audizione del 23 febbraio scorso davanti alla Commissione bicamerale, – prosegue – non esistono garanzie per il finanziamento di quegli strumenti che dovrebbero garantire i livelli essenziali delle prestazioni, e tanto meno la libertà impositiva dei Comuni, che nel concreto si riduce a limitati margini di manovra sull'addizionale IRPEF. Anche ANCI ed UPI pongono le stesse questioni denunciando la mancanza di un progetto di riordino organico della fiscalità che consenta, attraverso metodi redistributivi, di non isolare il Mezzogiorno ed i suoi abitanti.
Il federalismo, così come sta prendendo forma, non porterà alcun vantaggio alle aree sottosviluppate, anzi, si sommerà ai tagli alle risorse per i servizi sociali imposti dalla legge di stabilità ed alle difficoltà a rispettare gli obiettivi di spesa delle risorse europee 2007-2013, il cui raggiungimento è essenziale per evitarne il disimpegno e la perdita.
Una situazione instabile e pericolosa, collocata in un periodo in cui la crisi sta facendo sentire i suoi nefasti effetti ed il Governo non riesce ad andare al di là dei proclami, come il “piano per il Sud”, e la sua opera si concretizza nel rifiuto di introdurre, tra gli elementi per la definizione dei costi standard dei servizi sociali, un indice di “deprivazione sociale” accanto all’attuale indice di anzianità, che riverserà effetti drammaticamente negativi sugli anziani e sulle fasce più deboli della popolazione meridionale, oltre che per le decine di migliaia di donne e giovani esclusi dal mercato del lavoro.
La CGIL Basilicata è convinta che una logica di gestione delle questioni fiscali e di governance dei territori, posta in questi termini, significhi mettere a dura prova l'equilibrio sociale ed economico dell'intero Paese.
Per questo – conclude Pepe – stiamo mettendo in atto una mobilitazione diffusa sui territori che riporti al centro del programma di azione dell'organizzazione la contrattazione sociale territoriale, quale terreno privilegiato nel rapporto con il sistema degli enti locali e metodo d’interlocuzione fondamentale per salvaguardare nel Mezzogiorno diritti e democrazia”.
BAS 05